[aesop_parallax img=”https://www.visitfiumicino.com/wp-content/uploads/2015/11/Una-rampa-verso-lInfinito-ricordo_web.jpg” parallaxbg=”on” caption=”di Francesca Marchi e Alessandro Marocchini” captionposition=”bottom-left” lightbox=”on” floater=”on” floatermedia=”L’eco del Tempo” floaterposition=”left” floaterdirection=”up”]
[aesop_audio title=”Intro” src=”https://www.visitfiumicino.com/wp-content/uploads/2015/11/harbour-music3.mp3″ loop=”off” viewstart=”on” viewend=”off” hidden=”on”]
[aesop_content color=”#ffffff” background=”#333333″ columns=”1″ position=”none” imgrepeat=”no-repeat” floaterposition=”left” floaterdirection=”up”]L’odore del mare.
E’ cosi forte e deciso, cosi particolare, il suo sapore inonda le mie narici da tanto, forse troppo tempo.
Siamo in mare da 20 giorni e non vedo l’ora di rivedere la mia terra.
Eccola lì, all’orizzonte, a poche miglia da me, posso scorgere in tutta la sua imponenza il grande Faro che sovrasta Portus, con i suoi fuochi sempre accesi, come stelle nella notte.
Eppure ho un vuoto dentro di me, un buco nero che mi divora l’anima e che ha reso le mie notti insonni.
Sono felice di poter tornare a casa, ma allo stesso tempo sono affranto. Spero di poter avere presto pace.
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[aesop_parallax img=”https://www.visitfiumicino.com/wp-content/uploads/2015/11/Leco-del-tempo_web.jpg” parallaxbg=”on” caption=”L’eco del tempo (foto di Francesca Marchi)” captionposition=”bottom-left” lightbox=”on” floater=”on” floaterposition=”left” floaterdirection=”up”]
[aesop_content color=”#ffffff” background=”#333333″ columns=”1″ position=”none” imgrepeat=”no-repeat” floaterposition=”left” floaterdirection=”up”]Siamo appena sbarcati dalla nave e già il mio pensiero è volto verso est.
Non ho fatto altro che pensare a quel che ho lasciato. La speranza di un futuro e il presente cosi arido.
Ma sopratutto ho pensato a quel che non ho detto e quel che non ho fatto.
Mentre i marinai scaricano le derrate a terra e gli schiavi le portano ai loro padroni, io mi accingo a camminare per i magazzini Severiani che circondano il lago esagonale di Portus.
Da quanto non camminavo in queste strade, cosi piene di colori, di persone, di vita ma allo stesso tempo cosi spettrali per me. Sono come fantasmi indaffarati che si affannano a cercare qualcosa che non avranno mai.
Entro dentro una taberna, ho fame e sete, superata la soglia odo dopo tanto tempo il rumore familiare di un tintinnabulo e alzo la testa per osservarlo incuriosito: il tintinnabulo è una specie di sonaglio di forma fallica che noi Romani usiamo fissare alle entrate delle case e dei negozi. Pensiamo sia di buon auspicio sfiorarli e farli risuonare ogni volta che vi si passa sotto. Usanze, tradizioni che pensavo aver dimenticato.
Il proprietario della taberna mi riconosce e mi saluta per nome, poi mi indica di sedermi di fronte a lui e mi versa del buon vino affiancandolo a del garum fatto in casa. Che sapori straordinari. Chiudo gli occhi e per un attimo ritorno bambino, quando correvo felice per le strade di Ostia.
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[aesop_parallax img=”https://www.visitfiumicino.com/wp-content/uploads/2015/11/Lalbero-delle-rimembranze_web.jpg” parallaxbg=”on” caption=”L’albero delle rimembranze (foto di Francesca Marchi)” captionposition=”bottom-left” lightbox=”on” floater=”on” floaterposition=”left” floaterdirection=”up”]
[aesop_audio src=”https://www.visitfiumicino.com/wp-content/uploads/2015/11/forest-music6.mp3″ loop=”on” viewstart=”on” viewend=”off” hidden=”on”]
[aesop_content color=”#ffffff” background=”#333333″ columns=”1″ position=”none” imgrepeat=”no-repeat” floaterposition=”left” floaterdirection=”up”]Mi ricordo di quell’albero, un pino marino, per me era immenso.
I miei occhi di bambino lo vedevano come un gigante verde, solcato da grandi rughe che dipingevano il suo volto di saggezza e storia, un testimone del tempo e dei ricordi.
Lo avevo soprannominato l’albero delle rimembranze, sacerdote di ricordi e malinconia. Chissà se è ancora vivo, se le sue radici sono ancorate saldamente alla terra e le sue fronde toccano il cielo azzurro.
Solo a lui ho raccontato la verità che consuma il mio spirito. Solo lui sa cos’è successo tanti anni fa su queste lande.
Pago il bottegaio, lo saluto con un’accenno della mano e mi dirigo verso l’uscita a testa bassa e con la mente piena di pensieri. Sapevo che tornare qui avrebbe risvegliato in me antiche rimembranze.
Supero una lunga fila di tabernae, ognuna con i propri oggetti appesi all’esterno, utili per capire cosa si vende al suo interno. Qui ve ne sono molte e sono cresciute a quanto pare: artigiani del bronzo, pasticcieri, un fiorario, un fabbricante di specchi, un mercante di perle, un calzolaio, c’è persino un eborarius che lavora le zanne in avorio provenienti dalla lontana Africa.
Ovviamente non mancano vicus e clivus argentarius, banchieri e cambiavalute.
Continuo a camminare e mi dirigo verso est. So dove voglio andare.
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[aesop_parallax img=”https://www.visitfiumicino.com/wp-content/uploads/2015/11/Alla-luce-io-vivo_web.jpg” parallaxbg=”on” caption=”Alla luce io vivo (foto di Francesca Marchi)” captionposition=”bottom-left” lightbox=”on” floater=”on” floaterposition=”left” floaterdirection=”up”]
[aesop_content color=”#ffffff” background=”#333333″ columns=”1″ position=”none” imgrepeat=”no-repeat” floaterposition=”left” floaterdirection=”up”]Cammino per i vicoli e le strade che tagliano in due i magazzini Traianei e la darsena, ne assaporo gli odori, i suoni, i colori, le forme, sfioro distrattamente un muro che accompagna il mio cammino e inciampo su una radice che avvolge la strada.
Ogni tanto i raggi del sole fanno capolino e illuminano il mio volto e le strade che percorro, cosi avvolte nell’oscurità.
E quando accade mi sento come rinascere, il calore sulla mia pelle mi ricorda che sono vivo, il sangue scorre nelle mie vene, il respiro gonfia il mio petto, le pupille si dilatano.
Eppure sento un vuoto dentro, una paura che mi sfiora l’anima e che allo stesso tempo accende il mio cuore.
Un ricco mercante urta contro la mia spalla e mi impreca contro mentre raccoglie alcuni gioielli che gli sono caduti, uno schiavo dai lineamenti orientali lo aiuta in modo ossequioso mentre il suo padrone lo sgrida e lo scalcia.
Il mio cuore mi direbbe di intervenire ma la mia testa prende il sopravvento e mi dice di continuare il cammino. Non sono qui per questo. Giro il mio sguardo e continuo a camminare mentre supero sulla mia sinistra la grande darsena di Portus.
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[aesop_parallax img=”https://www.visitfiumicino.com/wp-content/uploads/2015/11/Il-protettore-dellantico-Porto_web.jpg” parallaxbg=”on” caption=”Il protettore dell’antico Porto (foto di Francesca Marchi)” captionposition=”bottom-left” lightbox=”on” floater=”on” floaterposition=”left” floaterdirection=”up”]
[aesop_content color=”#ffffff” background=”#333333″ columns=”1″ position=”none” imgrepeat=”no-repeat” floaterposition=”left” floaterdirection=”up”]Esco dall’imponente portico di Claudio ed entro dentro un bosco.
Il silenzio mi avvolge e attorno a me sento solo cinguettii, cicale e la brezza marina che accarezza le fronde degli alberi. Sembra il paradiso.
Improvvisamente scorgo un daino, fiero e maestoso, mi guarda austero ma sereno, non scappa, non volge lo sguardo, rimane lì imperterrito a fissarmi quasi stesse scorgendo dentro la mia anima.
Non è lui che deve scappare impaurito, ma io. Come un guardiano del porto e del bosco rimane fermo, impassibile, in attesa di una mia mossa, del mio incedere lontano dal suo regno affinchè possa continuare a governare quel reame fatto di foglie, vento e silenzio.
Per un attimo divento sordo e cieco e il mio respiro rallenta. Sono impietrito. Non so cosa fare.
Non ho paura di lui ma quell’incontro è come un presagio, un segno di cosa debba accadere.
Un ramo cade e produce un rumore sordo, mi volto improvvisamente in direzione del rumore e quando porgo di nuovo il mio sguardo verso il cervo, lui non c’è più. E’ scomparso, quasi non fosse mai esistito.
E’ scappato, cosi come feci io tanti anni fa.
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[aesop_parallax img=”https://www.visitfiumicino.com/wp-content/uploads/2015/11/La-strada-delluomo-la-strada-dei-ricordi_web.jpg” parallaxbg=”on” caption=”La strada dei ricordi, la strada dell’uomo (foto di Francesca Marchi)” captionposition=”bottom-left” lightbox=”on” floater=”on” floaterposition=”left” floaterdirection=”up”]
[aesop_content color=”#ffffff” background=”#333333″ columns=”1″ position=”none” imgrepeat=”no-repeat” floaterposition=”left” floaterdirection=”up”]Cammino per diversi minuti per la via Severiana, accanto a me passano diversi carri, mercanti, schiavi, politici, persino una legione in marcia per chissà quale terra straniera. Tutte ombre per me.
Più mi avvicino alla necropoli, più il mio cuore aumenta il battito e la mia mente viene offuscata da lontani ricordi che avevo sepolto dentro i più reconditi antri della mia anima. Ho paura e allo stesso tempo sono felice.
Entro nella necropoli. E’ bellissima nella sua aurea mortale.
La necropoli di Porto, come tutte le necropoli Romane, fu costruita fuori i confini della città. Qui i cittadini di Ostia vengono a salutare per l’ultima volta i loro morti, posandoli in piccole insulae, simili a piccole case. Al loro esterno mettiamo dei cippi per poter raccontare la loro vita: chi erano, cosa facevano, quale era la loro professione.
A fianco a me decine di tombe mi accompagnano alla mia mèta finale, il motivo del mio ritorno a casa.
Il fuoco che arde il mio spirito.
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[aesop_parallax img=”https://www.visitfiumicino.com/wp-content/uploads/2015/11/Ciò-che-prima-era-ora-non-lo-è-più-2_web.jpg” parallaxbg=”on” caption=”Ciò che prima era, ora non lo è più (foto di Francesca Marchi)” captionposition=”bottom-left” lightbox=”on” floater=”on” floaterposition=”left” floaterdirection=”up”]
[aesop_content color=”#ffffff” background=”#333333″ columns=”1″ position=”none” imgrepeat=”no-repeat” floaterposition=”left” floaterdirection=”up”]Dopo alcuni metri arrivo ad una tomba riccamente definita.
E’ la tomba di un ricco mercante di Ostia, Aurelio della famiglia dei Corneli, conosciuto da molti, rispettato da tutti.
Apro il piccolo cancello che protegge le sue spoglie ed entro abbassando la testa. Un forte odore di incenso avvolge le mie narici e scorgo la fioca luce di una candela che illumina timidamente l’antro della tomba di colui che fu ed ora non è più.
Sul pavimento vi è un grande mosaico raffigurante un feroce leone, il protettore di questa tomba.
Eccola lì, stupenda nella sua pallia bianca e dorata, adorna di piccoli gioielli che le illuminano il viso ed il corpo.
Sta pregando per suo marito. E’ morto da qualche mese e lei è ancora in lutto.
E’ per questo che sono tornato. Per il mio amore.
Lei improvvisamente si accorge che non è sola, si volta, mi guarda, mi riconosce e per un attimo rimaniamo sospesi nel tempo e nello spazio, quasi che non fossero mai passati questi 10 anni.
La sua bocca lentamente si apre, le pupille si dilatano, le cade dalla mano un mazzo di fiori e scoppia a piangere.
Poi si getta fra le mie braccia e io la cingo a me con tutta la forza della mia anima.
Erano 10 anni che aspettavamo questo momento.
Erano 10 anni che il mio cuore e la mia anima bruciavano ogni giorno lontano da Livia, l’amore della mia vita.
Dopo una breve preghiera usciamo dalla tomba e ci dirigiamo verso la dogana di Portus, li dove ci aspettano.
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[aesop_parallax img=”https://www.visitfiumicino.com/wp-content/uploads/2015/11/Una-rampa-verso-lInfinito-ricordo_web.jpg” parallaxbg=”on” caption=”Una rampa verso l’infinito ricordo (foto di Francesca Marchi)” captionposition=”bottom-left” lightbox=”on” floater=”on” floaterposition=”left” floaterdirection=”up”]
[aesop_content color=”#ffffff” background=”#333333″ columns=”1″ position=”none” imgrepeat=”no-repeat” floaterposition=”left” floaterdirection=”up”]Il nostro è sempre stato un amore maledetto, io ero un semplice marinaio, lei figlia di un ricco mercante, suo padre non ha mai voluto che fossimo sposi. Per tutta la sua vita ha combattuto il legame che ci univa.
Dieci anni fa, grazie alle sue influenze, mi fece imbarcare in una muriophoroi, una grande nave mercantile, diretta per l’oriente per un lungo viaggio che mi avrebbe allontanato da Livia per tanti, troppi anni.
Poi fece sposare Livia con Aurelio. Il loro non fu mai amore vero, come spesso accade fu solo un matrimonio di convenienza, cosi arido di amore e speranza. Quell’amore che invece incendiava i nostri cuori e le nostre anime.
Con tutte le forze provai a scappare, a tornare da lei, ma non riuscii mai nel mio intento.
Ed ogni volta che fallivo una parte di me si spegneva lentamente. Solo un suo ritratto, che portavo sempre con me, mi dava la forza di continuare, cosciente che un giorno sarei tornato.
Non importava quanto ci sarebbe voluto. Sarei ritornato da lei.
Poi un giorno, mentre ero ancorato nel porto di Alessandria d’Egitto, mi venne consegnata una lettera firmata da Livia.
Vi era scritto che suo marito era morto e che ora vi era una speranza di poter stare per sempre insieme.
La nostra prigionia era finita. Avevamo la speranza di sposarci.
Con gli ultimi soldi che mi erano rimasti mi imbarcai in una nave da carico diretta a Roma ed ora, eccomi qui, finalmente, dopo tanti anni. Con il mio amore.
Eccoci arrivati alla dogana.
Saliamo l’ultima rampa mentre osserviamo un tramonto di fuoco incendiare il cielo.
Stiamo per sposarci, un nostro amico terrà la cerimonia qui nella capitaneria di porto, insieme ad un ufficiale.
Ci teniamo per mano. Ci guardiamo negli occhi.
Insieme ci fermiamo un attimo, voltiamo lo sguardo e guardiamo il cielo di fronte a noi.
Ora siamo felici e lo saremo per sempre, anche quando le nostre vite si spegneranno, anche quando il cielo cadrà e il fuoco che lo illumina avvolgerà la terra. Anche allora noi ci ameremo.
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Musiche di Synaulia
Foto di Francesca Marchi
Testi di Alessandro Marocchini