Una passeggiata in bici in riva al fiume tra natura e storia


Il parco fluviale di Fiumicino, la pista ciclopedonale Parco Leonardo – Fiumicino, è indubbiamente una delle piste più belle del territorio, capace di regalare a chi la percorre diverse emozioni: serenità, mindfullness, immersione nella natura, relax e divertimento.

E’ un percorso semplice e adatto alle famiglie ed ai bambini, ricco di curiosità e storia, completamente immerso nella natura, tra il giallo dei campi, il verde degli alberi e l’azzurro del cielo, accompagnati in tutto il percorso dal fiume Tevere.
Una breve panoramica del percorso in questo video (è un vecchio video, ora la pista ha dei bei ponti e nuove infrastrutture!)

Il suo percorso inizia dal parcheggio del cimitero di Fiumicino: qui sarà sufficiente parcheggiare la vostra macchina, tirare giù le bici e iniziare a pedalare.
Nel corso del percorso incontrerete 5 punti di interesse.
Andiamo a scoprirli! 🙂

Dopo aver pedalato per alcuni metri ecco che si arriva ad un bel ponte soprelevato in legno, proprio di fronte le mura merlate della nostra prima tappa, l’Episcopio di Porto.

Fermiamoci un momento per scoprirne la storia ed una interessante curiosità.

L’Episcopio di porto è un borgo di origine medievale, di cui si conserva la cinta muraria merlata e la porta originale su cui è posto lo stemma di Papa Sisto IV che nel 1483, fece restaurare le mura. Il borgo doveva ospitare la sede vescovile di Porto e Santa Rufina, ma ebbe anche una funzione difensiva dalle incursioni barbariche e saracene nel corso del medioevo dopo l’abbandono della città di Porto.

L’edificio viene citato per la prima volta in un documento di donazione del 983 come castrum, cinto da mura difensive e dotato di rocca, e con il nome di Rocca di Porto.
Nell’XI secolo Papa Benedetto III ne fece un presidio militare e venne fortificato nel corso del secolo successivo e poi ancora nel XVI secolo, assumendo l’aspetto che mantiene tutt’ora.
All’interno dell’Episcopio si trova la Chiesa dedicata a Sant’Ippolito e Lucia, dove sono custodite le reliquie del santo patrono di Fiumicino.
Porto fu un’importante centro spirituale tanto da ospitare molti cardinali e futuri Papi: Rodrigo Borgia (1476) futuro papa Alessandro VI; Gian Pietro Carafa (1553) futuro papa Paolo IV; Alessandro Farnese il giovane (1578); Ulderico Carpegna (1675) che lasciò un’eredità per sostenere le spese delle missioni popolari; Flavio Chigi (1693) che ampliò ed abbellì la cattedrale.

E dietro le alte mura del castello si cela una curiosità.
La leggenda infatti narra che San Pietro approdò sulle sponde del Tevere accanto a Porto prima di iniziare il suo viaggio verso Roma.
Sarà vero? Vi lasciamo nel mistero 🙂

Continuiamo il nostro percorso e dopo 100 metri ecco incontrare un altro bel ponte in legno, proprio accanto ad una vecchia chiusa.

Quella che vedrete di fianco a voi è un’antica chiusa lentamente mangiata dal tempo, come si può notare dalla ruggine che l’avvolge.
Serviva a portare l’acqua del fiume nei vari campi della zona e a collegare con il fiume Tevere il bacino e i canali dell’antica Portus.
Le chiuse nacquero in epoca medievale e furono fondamentali per la vita dei territori, servivano infatti a regolare il flusso delle acque, convogliarlo nelle zone lontane da una sorgente d’acqua, erano utili per evitare alluvioni, servivano ad irrigare campi, servivano a realizzare canali navigabili anche in periodi di siccità e permettevano anche la realizzazione di piccoli (e a volte anche grandi) invasi d’acqua.
Insomma, un’opera di ingegneria davvero rivoluzionaria.
Con la fine dell’epoca medioevale anche il trasporto fluviale conobbe un nuovo incremento, se prima gli sbarramenti erano costituiti da tavole usate nel momento del bisogno, ora si costruirono le prime chiuse fisse, con porte che in caso di necessità si alzavano verticalmente.
Il primo esempio di chiusa fu realizzato in Olanda nel fiume di Lek per rendere navigabile il canale di collegamento con la cittadina di Utrecht. Questo ingegnoso sistema idraulico fu adoperato in seguito in Francia, paese ricco di corsi d’acqua.
Nei secoli successivi si realizzarono chiuse più efficienti che consentivano la navigazione fluviale durante tutto il tempo dell’anno con l’incremento della merce trasportata.

Ritorniamo in sella e proseguiamo il percorso.

La prossima tappa è un belvedere sulla campagna Romana e l’Oasi di Porto: è identificabile da un nostro cartello installato sulla staccionata a metà percorso circa.
Il meraviglioso paesaggio che vedete di fronte e intorno a voi è quello tipico della Campagna Romana più volte immortalato dalle opere di numerosi artisti, è un paesaggio agreste, ampio, panoramico, colorato del verde e il giallo dei campi, popolato da buoi, anatre, volpi e una serie di vari uccelli e anatidi.
Il bosco che invece vedete di fronte a voi, proprio dietro i vasti campi che circondano la pista ciclabile, è l’Oasi di Porto.
L’elemento caratterizzante dell’Oasi di Porto è l’antico bacino portuale fatto costruire dall’Imperatore Traiano nel 100 d.c., in sostituzione del preesistente Porto di Claudio, aperto sul mare e non più utilizzabile per insabbiamento.
Si tratta di un’opera imponente, fondamentale per gli approvvigionamenti della Roma Imperiale, dotata di tutte le strutture portuali nonché di edifici civili e sacri.
L’opera, mastodontica per l’epoca, fu progettata da Appollodoro di Damasco, i lavori durarono 12 anni al termine dei quali fu realizzato il più grande porto dell’antichità capace di permettere l’attracco contemporaneo di 200 navi e in grado di ospitare migliaia di persone tra marinai, artigiani e commercianti.
Intorno al bacino esagonale venne edificata una serie di grandi edifici di servizio destinati soprattutto all’immagazzinamento.
I magazzini, gli horrea in latino, sono i principali edifici presenti a Portus. Insieme ai grandi magazzini di Testaccio a Roma, alle spalle del porto fluviale, rappresentano la più grande area logistica della città ed erano, in tutti i sensi, il caveau degli antichi romani: nei suoi horrea, infatti, erano immagazzinate tonnellate della merce che per Roma rappresentava il suo oro, il grano proveniente dal sud dell’impero.
Il bacino dell’Oasi di Porto, di 33 ettari e perfetta forma esagonale, rappresenta oltrechè un’opera d’eccezionale valore storico, un fondamentale punto di sosta privilegiato per gli uccelli migratori acquatici nelle loro lunghe trasvolate tra le regioni mediterranee e quelle nord europee ove avviene la nidificazione.


Dopo la caduta dell’impero Romano e le invasioni barbariche, il territorio nel periodo medievale viene via via invaso dalle acque che formarono estese paludi malariche.
L’intervento dei Pontefici Pio II e Sisto IV non valse al risanamento, mentre alcune famiglie patrizie romane, in epoche più recenti, tentarono tale impresa senza successo.
Dopo l’acquisto della tenuta da parte del Principe Alessandro Torlonia (1856) la bonifica e la colonizzazione del territorio furono finalmente attuati dal suo successore il Principe Giovanni Torlonia, che operò anche il recupero delle testimonianze archeologiche in precedente stato di abbandono.
Oggi l’Oasi di Porto è un parco archeologico visitato da centinaia di turisti e cittadini, ricco di natura, storia e biodiversità.
E’ visitabile da metà ottobre a metà giugno. I giorni di apertura sono Giovedì e Domenica dalle ore 10.00 alle ore 16.00 senza bisogno di prenotazione.

Un panorama davvero bellissimo e quanta storia!
Continuiamo la nostra passeggiata.

Eccoci arrivati ad una tappa particolare, dove potremo scoprire la storia del Tevere e divertirci a osservare flora e fauna del fiume.
Il punto in cui fermarvi è visibile grazie ad uno dei nostri cartelli lungo la pista e si trova all’altezza di una stazione idrometrica molto interessante e che desta curiosità in tutti coloro che percorrono la pista: il nostro consiglio è di non raggiungerla, il ponte che la collega alla terraferma infatti è instabile e pericoloso.
Ma avviciniamoci alla staccionata e diamo uno sguardo al fiume, il Tevere, un fiume antichissimo e cosi importante per la vita di tutti noi.

Fin dall’antichità il fiume Tevere significò prima di tutto vita per gli antichi Romani.

Nel corso dei secoli venne chiamato in diversi modi, per i latini era Tiberis, ma il primo nome, quello forse più antico è Rumen o Rumon, da ruminante, evidenziando l’attività di erosione delle rive. Non sono mancati nemmeno i soprannomi: Albula o Biondo Flavio in riferimento al colore della sabbia, ‘tarentum’, raspa, in relazione all’attività di erosione delle rive, persino serpente ‘coluber,’ per via della forma sinuosa dei sui meandri e delle sue numerose anse (fonte: turismoroma).
Il Tevere era cosi importante da essere considerato una divinità, personificata nel Pater Tiberinus: la sua festa annuale (le Tiberinalia) veniva celebrata l’8 dicembre, anniversario della fondazione del tempio del dio sull’Isola Tiberina.
Il fiume fu utilizzato per molti secoli come via di comunicazione: in epoca romana il naviglio mercantile poteva risalire da Portus direttamente fino a Roma, all’Emporio che era situato ai piedi dell’Aventino, mentre barche più piccole e adatte alla navigazione fluviale trasportavano merci e prodotti agricoli dall’Umbria.

In epoca imperiale la storia del fiume è legata alla rete commerciale del Mediterraneo, avente come fulcro i porti Imperiali di Claudio e Traiano e come secondo scalo portuale del Tevere “il Porto dell’Olio”, Ocriculum.
Nel corso del medioevo e poi a seguire fino al ‘700, lungo il fiume vennero costruite diverse torri di avvistamento e difesa che servivano per poter scrutare il mare e dare l’allarme in presenza di pirati o nemici che si avvicinano alla terraferma.
Ma il Tevere non è solo storia millenaria, è anche un prezioso habitat naturale per una moltitudine di flora e fauna locale: leccio, salice bianco, pioppo che colorano di verde i suoi argini e che diventano casa per diversi animali come la nutria, il falco pescatore, il cigno, l’airone bianco maggiore e quello cenerino, il cormorano, la poiana, il germano reale.
Tra i pesci, significativa la presenza del pesce persico, il luccio e la carpa.

Bellissima storia! E che vista mozzafiato sul fiume e la campagna Romana!
Se aguzzate la vista potrete scorgere un gruppo di cormorani e aironi che si bagnano sulla riva del fiume 🙂
Tutti in sella verso la nostra ultima tappa: la stele in ricordo dei Garibaldini!

Dopo alcune pedalate arriverete ad un cartello di visitfiumicino che vi segnalerà l’interessante stele di fine ‘800 in ricordo di 3 coraggiosi uomini che perirono in queste acque tanti anni fa.

Il fiume classico, il fiume della storia e della poesia ci accolse nel suo seno.
La corrente ci trasportava maestosa. Il cielo si era rasserenato, tirava un vento rigido e secco.

Benchè il cielo fosse stellato, la notte era buia.

Con queste parole Vittorio Pio Ferrari descrisse la fredda e difficile traversata del Tevere diretti a Villa Glori.
Seppure alla proclamazione del Regno d’Italia il 17 marzo 1861 fosse stata indicata Roma come “capitale morale” del nuovo Stato, la città rimaneva la sede dello Stato Pontificio, per quanto ridotto di dimensioni.
La conquista di Roma era ormai diventata l’ultima, grande fase dell’unificazione d’Italia.
Il 23 Ottobre del 1867 un drappello di settanta garibaldini, guidato da Enrico e Giovanni Cairoli, partì per rifornire di armi i patrioti che stavano preparando la rivolta. Giunti via Tevere all’ altezza dell’ Acqua Acetosa, si inoltrarono nella notte del 23 entro la villa, dove ebbe luogo uno scontro sanguinoso con i gendarmi pontifici.
A partecipare a questo pezzo di storia del nostro paese fu anche Girolamo Malloni.
Malloni era un noto Carbonaro Romano, molto famoso a Trastevere, e partecipò tra le altre cose, anche alla terza guerra di indipendenza e alla battaglia di Villa Glori: fu infatti lui a traghettare sul Tevere la sfortunata avanguardia garibaldina.
Era un “capopresa fluviale” cioè un capitano di fiume ed era noto per le sue capacità marinare tanto da essere definito “lupo di fiume”.
Nel 1898 Malloni, Bruni e Cicinelli furono probabilmente vittime di una tromba d’aria (le cronache del tempo parlarono di ‘turbine’), mentre si trovavano a bordo di una chiatta adibita al trasporto di legname in viaggio verso Roma.
L’evento destò clamore presso la comunità locale, tanto da far erigere una colonna commemorativa, corredata da un’epigrafe e dalle foto delle tre vittime. Il monumento è poi progressivamente stato dimenticato e avvolto dalla boscaglia, per poi tornare alla luce nel corso dei lavori per la pista ciclabile che collega Fiumicino a Parco Leonardo.
Sulla stele che vedete di fronte a voi è stato scolpito nel 1899 questo testo in loro ricordo,
“A / GIROLAMO MALLONI / BARCAIUOLO DEI SETTANTA DI VILLA GLORI / LEONE DEL TEVERE / CUSTODE DELLA LIBERTA’ DELLA PATRIA / LA FORZA DEL BRACCIO E DELL’ANIMO / FURONO VINTI DALL’URAGANO / CHE QUI LO TRAVOLSE / IL 19 MAGGIO 1898 / I CONGIUNTI GLI AMICI / AMANDO SPERANDO / POSERO / NEL PRIMO ANNIVERSARIO.”

Incredibile! Chi pensava di ritrovare addirittura una stele funeraria in quest splendido parco fluviale 🙂

Ed ora continuate il percorso, fate più volte avanti e indietro e godetevi la serenità, la bellezza e la natura di questo luogo magico.
Aiutateci a tenerlo pulito, curatelo, diventatene ambasciatori. Cerchiamo di mantenerlo integro e pulito.

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